«Trovo strani i termini ‹bio› e ‹convenzionale›»

03. dicembre 2019


A volte la gastronomia è un affare di breve durata con un tasso di fluttuazione elevato. Quindi non desta stupore il fatto che dopo l’apprendistato come cuoco all’Hotel Garni Mittenza di Muttenz (BL), alla fine degli anni ʽ80, Andreas Seiler fosse passato da un lavoro stagionale all’altro. Seguirono poi la Scuola alberghiera di Lucerna, la posizione di manager in un hotel a cinque stelle in Costa Rica, altri lavori nel settore della gastronomia e la direzione amministrativa del Migros Fitnesspark Heuwaage di Basilea. Infine nel 2001 l’oggi cinquantenne mise su famiglia, insediandosi in pianta stabile. Senza però fermarsi del tutto. Così, nello stesso anno Andreas Seiler assunse il comando nella fondazione del Bio Bistro, un pionieristico progetto eco sociale nel centro di quartiere basilese di tendenza Gundeldinger Feld. Nel 2006 il ristorante, che appartiene al Bürgerspital Basel, è stato insignito della Gemma Bio Suisse quale primo esercizio gastronomico del cantone.
Andreas Seiler

Signor Seiler, fino al 1999 il Gundeldinger Feld di Basilea era la sede di produzione della fabbrica di macchinari Sulzer Burckhardt. A partire dal 2000 cominciò la conversione dell’area in centro per il lavoro e per il tempo libero. Lo stesso Bio Bistro ha iniziato nel 2001. Com’era allora la situazione?

Quando iniziammo, la nostra cucina era composta da due fornelli da campo sistemati in un ufficio. E mentre cucinavamo, nell’edificio accanto gli ultimi compressori a gas scendevano ancora dal nastro trasportatore. Tutto era in movimento. Organizzare un esercizio gastronomico funzionante in queste condizioni non era certo facile. Soprattutto perché non si trattava di un esercizio gastronomico qualunque, ma di un progetto sociale.

In che senso?

Allora il Bio Bistro apparteneva alla Stiftung Rheinleben, una fondazione che fornisce accompagnamento e sostegno alle persone con disturbi psichici nel loro percorso verso una vita autodeterminata. Nel 2006 fummo acquisiti dal Bürgerspital Basel, un’azienda medica sociale che accompagna e integra nel mondo del lavoro le persone con una disabilità o un disturbo e fornisce assistenza agli anziani. Ancora oggi il nostro mandato è il seguente: gestione di un ristorante che si incentri sull’assistenza dei nostri collaboratori.

Di che tipo di collaboratori si tratta?

Diamo lavoro a 11 persone con un disturbo o con una disabilità, il che è pari a un pensum lavorativo totale del 600%. A ciò si aggiungono un civilista, un tirocinante e il nostro team direttivo, composto da quattro persone.


Quindi il Bio Bistro è una specie di laboratorio protetto. Si tratta dunque di preparare le vostre collaboratrici e i vostri collaboratori per il primo mercato del lavoro, cioè quello regolare?

Questa è la nostra idea di base, ma attuarla è difficile. Come affermo spesso e volentieri, il primo mercato del lavoro non è pronto in tutti i casi per queste persone. Pertanto la maggior parte rimane con noi molto a lungo. Con alcuni collaboro già da 16, 17 anni. La scarsa fluttuazione è fantastica per la vita professionale quotidiana: siamo un team affiatato. La motivazione è grande, infatti sono i collaboratori che fanno l’azienda e la portano avanti, non la direzione.

A proposito, il Bio Bistro è autonomo dal punto di vista dei finanziamenti?

La sostenibilità economica fa parte del nostro concetto a tre pilastri, oltre a quella sociale e a quella ecologica. Quindi sì, per la maggior parte ci finanziamo autonomamente. Che si tratti dell’acquisto di merce o del pagamento dei salari, non chiediamo la carità o sovvenzionamenti trasversali. La nostra profittabilità ha soprattutto a che vedere con la pianificazione del nostro menu, che è sostenibile e ben concepita, così da renderci in grado di proporre ai nostri ospiti pietanze di qualità bio a un prezzo conveniente. Si potrebbe pensare che la cosa non possa funzionare, perché i prodotti bio sono cari. Ma ogni giorno dimostriamo il contrario.


Sembra che labbia trovato una ricetta che funziona. Il suo esercizio è insignito della gemma di Bio Suisse dal 2006, il che significa che almeno il 70% di tutti gli alimenti impiegati deve essere bio, almeno la metà di qualità Gemma e per quanto riguarda la carne addirittura il 100%.

Il nostro concetto è sempre stato molto semplice sin dall’inizio. Ogni giorno ci sono due menu: uno viene preparato a base di ingredienti di giornata, il secondo si compone degli avanzi del giorno prima. Inoltre proponiamo insalate, zuppe, sandwich, dolci da forno. Calcoliamo tutto il più precisamente possibile. Quindi può capitare che a pranzo qualcosa finisca e che debba essere cancellato dalla lavagna del menu.

Gli ospiti mostrano comprensione per questo?

La maggior parte, ma non tutti. Al giorno d’oggi la nostra società è ormai abituata al fatto che tutto sia sempre disponibile. Ma personalmente non capisco perché, ad esempio, sugli scaffali di un negozio si debba trovare pane fresco fino alle sette di sera. Una parte resterà infatti invenduta. Al contrario, nel nostro ristorante vogliamo generare meno Food Waste, ossia sprechi di cibo, possibile. Inoltre generalmente la nostra proposta culinaria è vegetariana, stagionale e soprattutto con prodotti della regione, il che contribuisce a risparmiare denaro.

Da voi la carne, in quanto ingrediente costoso, viene proposta una sola volta la settimana.

Esatto, sempre il mercoledì.

Ma lo chiamate il menu «arrosto della domenica».

Da noi è domenica già di mercoledì... No, sul serio, lo chiamiamo arrosto della domenica, perché in passato la carne era un prodotto di lusso che ci si poteva forse permettere una volta la settimana. Desideriamo sensibilizzare i nostri ospiti, motivandoli a consumare carne in modo consapevole. Inoltre il venerdì c’è sempre anche un menu vegano, ma non lo dichiariamo come tale. O meglio, non più.

Perché no?

Perché la cosa non era stata ben recepita da alcuni ospiti. Avevano delle riserve e pensavano: «No, perché adesso devono farlo anche loro…?!» Non scrivendolo sulla lavagna e chiedendo se il menu è piaciuto, il feedback è molto positivo – poi i clienti si stupiscono quando vengono a sapere che le pietanze erano vegane. Per me come cuoco la cucina vegana è un arricchimento, non una limitazione. Dover rinunciare a determinate cose stimola infatti la creatività. Inoltre non vogliamo essere dogmatici ed ergerci a giudici, ma mostrare delle possibilità e ciò che esse comportano.

Anche per questo il bio.

Esatto. Anche se trovo strani i termini «bio» e «convenzionale». «Convenzionale» oggi significa normale, consueto. Invece sarebbe il «bio» o la coltivazione bio la cosa normale, consueta. Ossia quello che già mio nonno faceva nell’orto. Di ciò fa parte anche il concetto di ciclo di vita. Mio nonno aveva un compost e faceva in modo che la terra compostata ritornasse nel suo orto. Qui facciamo la stessa cosa: sulla nostra area abbiamo un giardino con peri, nespoli, ciliegi e fichi, cespugli di bacche e piante da fiori. Eventuali avanzi di cibo vengono compostati e utilizzati come concime organico; inoltre le api che abitano sul nostro tetto impollinano le piante. Da qui il nostro principio guida: dall’impollinazione al piatto fino al compost.

Ha delle api sul tetto?

Nel 2009 ho iniziato con l’apicoltura a casa mia. Nel 2012 ho quindi trasferito qui le mie tre colonie. Produciamo addirittura il nostro miele di città. Ma purtroppo non è certificato Gemma, perché le api non si muovono in un ambiente bio. Il che è un po’ paradossale, perché in città l’inquinamento da pesticidi è molto inferiore.

Prima ha parlato di stagionalità e di regionalità. Dove acquista i suoi prodotti bio e Gemma?

Una parte proviene dallo Spittelhof di Biel-Benken. Anche questo esercizio appartiene al Bürgerspital Basel. Il vantaggio è che possiamo metterci d’accordo personalmente con il produttore: quest’ultimo fa le sue proposte, mentre noi suggeriamo quello che ci piacerebbe producesse. Si tratta di coltivazioni, verdura, frutta, bacche e uova. Dalla fattoria Klosterfiechten, un centro detentivo nel Bruderholz di Basilea, acquistiamo prodotti della terra. E il Luxenhof di Bärschwil ci fornisce carne bovina e suina, formaggio fresco, quark, yogurt e farina, con cui produciamo il nostro pane e anche le nostre torte. Acquistiamo ulteriori prodotti dal grossista Bio Partner: soprattutto prodotti bio svizzeri, ma anche provenienti dall’estero.

Che cosa viene dall’estero?

Il nostro caffè bio arriva dal Perù. Ma viene torrefatto qui, in una torrefazione convenzionale. Lo dichiariamo apertamente. Anche lo zenzero proviene dall’estero. L’olio d’oliva arriva da piccoli coltivatori greci. Non usiamo invece olio di palma. Inoltre, in inverno o nelle mezze stagioni, occasionalmente ci capita di ricorrere a prodotti altrimenti non disponibili in Svizzera, ad esempio broccoli bio dall’Italia. Ciò è dovuto soprattutto al fatto che al più tardi a partire da marzo aprile, i nostri ospiti preferiscono mangiare verdura primaverile anziché ancora porri, barbabietole, cavolo ecc.

Il vostro caffè bio proviene quindi da una torrefazione convenzionale, ha detto. Anche il vostro miele di città non è bio. Che cosa ancora?

Per i nostri gelati prodotti dalla piccola manifattura basilese Gelati Gasparini abbiamo ottenuto un’autorizzazione straordinaria da Bio Suisse. Ma l’elenco dei prodotti convenzionali finisce qui.

Ciò è da attribuirsi alla disponibilità, nel frattempo aumentata di molto, di prodotti bio. All’apertura del Bio Bistro, nel 2001, le cose erano ben diverse.

È vero. All’inizio badavamo semplicemente al fatto di poter avere la maggior quantità di prodotti bio possibile. Dapprima avevamo un partner nella Svizzera occidentale. Successivamente ci capitava di acquistare determinati prodotti Gemma nella filiale Coop vicina. Purtroppo questi non venivano ancora indicati come bio sullo scontrino. Quindi, quando l’azienda di certificazione Bio Inspecta effettuava i suoi controlli, all’inizio non eravamo in grado di dimostrare in modo inequivocabile di avere acquistato soltanto prodotti Gemma. Ma per fortuna eravamo riusciti a chiarire le cose.


E oggi gli affari vanno a gonfie vele.

È così. Abbiamo il ristorante, due biciclette per il trasporto e una bancarella per la vendita on the go e il servizio di consegna sull’area. Prossimamente prevediamo di aprire un secondo Bio Bistro. Ma non voglio dire di più: i tempi non sono ancora maturi per parlarne.

Bio Bistro (in tedesco)
Bürgerspital Basel (in tedesco)

Intervista e immagini: René Schulte, Bio Suisse/Bioattualità

Condividi